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Bassa parmense
Percorsi di visita alternativi attorno ai castelli della Bassa parmense
(itinerari a cura di Michele Moretti)

  

San Secondo

Oltre al magnifico castello che racchiude un ciclo di 3200 metri quadrati di affreschi legati al manierismo (furono tutti eseguiti fra il 1528 ed il 1571) possiamo consigliare altri monumenti di straordinario interesse.

L’oratorio della Beata Vergine del Serraglio
Così chiamato perché posto in prossimità del recinto del parco della rocca, fu fatto costruire dal Marchese Scipione I Rossi fra il 1685 ed il 1687. L’oratorio ha pianta a croce greca con quattro absidi, due semicircolari e due poligonali.
Di straordinario interesse l’interno che presenta stucchi di Luca e Leonardo Reti e affreschi di un giovane Sebastiano Ricci (Assunzione della Vergine nella volta e Storie della Vergine nei medaglioni), non da meno sono i finti stucchi, le quadrature e le scenografiche finte balconate aggettanti di Ferdinando Galli detto il Bibiena.

Pieve Romanica di San Genesi
È il monumento romanico più antico della bassa parmense. Sorge in aperta campagna a due chilometri ad ovest di San Secondo. Il primo documento riguardante la chiesa è del 1016, ma la prima fondazione e la cripta risalgono probabilmente all’840-850 d.c..
Nel 1787 ha purtroppo subito un drastico accorciamento con l’arretramento di ben dieci metri della facciata.
Nel 1972 ha subito un provvidenziale restauro che ha eliminato le superfetazioni settecentesche per restituire il monumento all’originale purezza romanica. La parte più interessante è certamente quella absidale di straordinaria semplicità e linearità e la cripta risalente agli anni di fondazione dell’edificio.

Chiesa collegiata della Beata Vergine Annunziata
Situata al centro del paese fu fatta costruire verso il 1450 da Pier Maria II Rossi, ma l’interno a tre grandi navate con profondo coro venne interamente ristrutturato fra il 1716 ed il 1733 con pregevoli stucchi di Carlo Bossi. Notevole la facciata neoclassica rifatta da Pancrazio Soncini nel 1864. All’interno vi è il prezioso altare maggiore in legno dorato realizzato dal Carapezzi fra il 1763 ed il 1769 unitamente alla pala d’altare nell’abside (recentemente restaurata) con l’Annunciazione di Antonio Formaiaroli del 1734, copia dalla pala di Bernardino Gatti detto il Sojaro conservata in San Sigismondo a Cremona.

A tal riguardo hanno scritto:

Orari di apertura
L’oratorio della Beata Vergine del Serraglio e la Pieve Romanica di San Genesio sono aperte ogni seconda domenica del mese in occasione del mercatino dell’antiquariato.

 

Fontevivo

L’abitato, a pochi chilometri da Fontanellato, deve il suo nome alla ricchezza di risorgive tanto che nei documenti più antichi l’abbazia cistercense era detta Badia di Vivofonte. Al di fuori dei normali itinerari turistici presenta invece monumenti di notevole interesse storico e di indubbio fascino artistico.

Chiesa Abbaziale di San Bernardo
Venne fondata il 5 maggio 1142 dall’abate Viviano con un gruppo di dodici monaci tutti provenienti dall’abbazia di Chiaravalle della Colomba presso Alseno.
La chiesa è un notevole esempio di romanico cistercense sobrio e severo nelle decorazioni, ma di grande fascino e suggestione, ricco all’interno di penombre e forti contrasti chiaroscurali per il rifrangersi della luce sui pilastri cruciformi.
Splendida la Madonna col Bambino (nella foto a destra) nella seconda cappella a destra, di recente attribuita a Benedetto Antelami (1150-1229) con ancora la policromia originale.
Le opere più apprezzabili si trovano nel transetto sinistro come la lastra sepolcrale in marmo rosso del marchese Guido Pallavicino (benefattore dell’abbazia) morto nel 1301. Di fronte si può ammirare il superbo monumento funebre (di stile impero tutto in marmo e bronzo) del duca Don Ferdinando di Borbone (morto nel 1802) realizzato dall’architetto Francesco Martin Lopez. Sul fianco destro della chiesa vi è il chiostro rifatto nel 1733, per molti anni sede del Collegio dei Nobili, divenne nell’ultimo trentennio del 1700 la residenza invernale del duca Don Ferdinando di Borbone che qui morì il nove ottobre 1802. Curiosa ed inconsueta la balaustra in legno tornito dello scalone del chiostro. Attualmente il lato destro del chiostro è occupato dall’albergo Relais.

 

Pontetaro

Il paese, situato sulla via Emilia, è celebre per il ponte in muratura sul fiume Taro (sino a poco tempo fa ancora in uso) fatto costruire dalla duchessa Maria Luigia D’Asburgo. I lavori di costruzione iniziarono nel 1816 (anno in cui furono poste le fondamenta) e proseguirono sino al 1821 su progetto dell’ingegnere Antonio Cocconcelli. Ai lati del ponte le quattro statue con le allegorie dei fiumi Taro, Stirone, Parma ed Enza scolpite da Giuseppe Carra e terminate nel 1828.

 

Fontanellato

Celebre per la rocca Sanvitale (uno dei castelli meglio conservati della regione) e per il Santuario della beata Vergine del Rosario che tutti gli anni richiamano decine di migliaia di visitatori. In realtà presenta al centro del paese un altro misconosciuto e raffinatissimo tesoro conservato nella chiesa di Santa Maria Assunta.

Chiesa di Santa Maria Assunta
Rifatta nel 1720, ha un’interessante facciata in stile rococò non esente da influssi dell’architetto Mazenta con forte contrasto chiaroscurale fra il rosso del mattone ed il bianco dell’intonaco. L’interno è opera dell’architetto Adalberto della Nave, mentre la pregevole pala d’altare con l’Assunzione della Vergine è opera del pittore Antonio Bresciani e risale al 1790; ma il grande capolavoro lo si trova casualmente varcando una porticina posta sul fondo a sinistra dell’altare maggiore. Si tratta della sagrestia lignea, opera inarrivabile del barocchetto parmense, realizzato da Giulio Seletti attorno al 1720 (il Seletti è autore anche dello straordinario coro dell’abbazia di San Benedetto al Priorato, purtroppo in stato di abbandono e non visitabile). All’interno degli splendidi credenzoni del Seletti (recentemente restaurati) si inseriscono magnificamente i dipinti di Sebastiano Galeotti, artista di formazione fiorentina, celebre nel parmense per un raffinato ciclo di affreschi nella rocca di Sala Baganza.

 

Soragna

È da segnalare, oltre allo splendido castello (ancora abitato dal principe Diofebo VI Meli Lupi) magnificamente arredato con mobili tardo-barocchi acquistati a Venezia verso il 1710 da Giampaolo IV Meli Lupi, sul fianco orientale un affascinante gioiello:

La Sinagoga e il Museo Ebraico
L’edificio, già menzionato in un documento del 1584, venne completamente ristrutturato nel 1855. L’esterno appare volutamente anonimo per non attirare l’attenzione, affinché nessun cristiano entrasse per sbaglio. Risultano interessanti le decorazioni in stile tardo impero della Sinagoga realizzate da Giuseppe Levi; al suo interno (immagine a sinistra) vi sono ancora i banchi originali utilizzati anche per lezioni di scuola. Pregevole il matroneo (riservato alle donne e ai bambini maschi sotto i tredici anni) con importanti grate in ferro battuto.
Il Museo è ricchissimo di oggetti liturgici come i rotoli della Toràh (ossia il pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia), i puntali Rimmonim in argento, il fiume Eterno, la piastra o medaglione Tass, il mantello da preghiera Tallet. I pregevoli arredi provengono dalle Sinagoghe soppresse di Fiorenzuola d’Arda e di Cortemaggiore come l’elegante cornice in stucco del portale dell’Aron dello stuccatore Antonio Rusca e il camino del rabbino (foto a destra), opera in stucco vicina a Giacomo Mercoli di fine 1600. Al piano terra, invece, una sezione del Museo è dedicata all’emanazione delle leggi razziali in Italia (1938) ed all’olocausto.
A tal riguardo hanno scritto:
Menziono uno stralcio di una lettera del Principe Giampaolo IV Meli Lupi (uomo di smisurata megalomania, ambizione e egocentrismo) datata 1711 da Vienna, scritta dopo un importante ricevimento con l’Imperatore e indirizzata al fratello Nicolò: “Gli eccellentissimi signori ambasciatori avevano si spiegato sontuose livree ma la mia era comparsa di gran lunga superiore alle loro; dovevo fare questo sforzo come Principe dell’Impero per far conoscere al mondo che Cesare a tal dignità (l’Imperatore aveva elevato al rango di Principe Giampaolo IV da semplice marchese nel 1709) non aveva promosso un pezzente e lascio che dica il mondo quali onori abbia con ciò fatto alla mia casa”.

Orari di apertura
La Sinagoga di Soragna è aperta da marzo a ottobre (escluso agosto) dal martedì al venerdì con orari 10.00-12.00; 15.00-17.00. Giorni di chiusura il lunedì ed il sabato.

 

Zibello

Chiesa dei santi Gervaso e Protaso
La chiesa, costruita tra la fine del 1400 e l’inizio del 1500, è in stile tardo-gotico lombardo con marcate influenze rinascimentali. Interessante la facciata (molto simile a quella di San Bartolomeo a Busseto) scandita da robusti contrafforti con l’inserimento di statue (datate fine 1600) raffiguranti i santi domenicani Pio V e Santa Rosa Da Lima. Di particolare rilievo il rosone e le formelle in terracotta realizzate nella fornace di Polesine da Jacopo di Stavolis intorno al 1484. All’interno sono da segnalare le seconde cappelle di destra (di San Carlo) e di sinistra (del Crocifisso) realizzate su disegno dell’architetto Pier Luigi Montecchini e decorate da Girolamo Magnani nel 1859 (gli artisti sono i medesimi che progettarono e decorarono il prezioso Teatro Magnani di Fidenza). Il vero capolavoro della chiesa si trova, però, a sinistra dell’altare maggiore con lo straordinario quadro di Ignazio Stern raffigurante Maria Immacolata, Maria Maddalena, santa Caterina d’Alessandria e vari santi domenicani realizzato verso il 1723.
Ignazio Stern risulta essere un artista di altissima qualità pittorica (in parte ancora da rivalutare e scoprire) dalla formazione assai complessa ed articolata. Egli nasce a Mariahilf intorno al 1680, si forma a Ingolstadt per poi passare a Forlì alla scuola di Carlo Cignani e infine a Roma dove subisce l’influsso di Carlo Maratta. Nella capitale resterà fino alla morte, avvenuta nel 1740, ad eccezione di un soggiorno di alcuni anni effettuato nella città di Piacenza all’inizio del terzo decennio del Settecento.

 

Sissa

Il nome del paese (invero curioso) deriva dal fatto che il fiume Taro divideva in due il centro abitato antico di Palasone e di conseguenza il toponimo Sissa andava letto come “Scissa” o “Sissa” divisa in due dal fiume. La storia del paese è strettamente legata ad Ottobono Terzi gran capitano di Gian Galeazzo Visconti duca di Milano.

Castello dei Terzi
Quando i veneziani conquistarono Sissa nel 1440 distrussero la Rocca dei Terzi. Pochi anni più tardi, cacciati i veneziani, la famiglia Terzi ricostruì il castello ma in proporzioni più ridotte e modeste rispetto al precedente. Della rocca antica rimane solo il mastio con i beccatelli datati intorno alla metà del 1400, mentre il corpo di fabbrica che vi è addossato fu trasformato in palazzo nei primi anni del 1700.
La rocca, oggi sede degli uffici comunali, presenta all’interno un pregevole ciclo di affreschi di Giovanni Bolla (primi anni del Settecento) con scene allegoriche come la Vittoria sul cocchio, l’Allegoria della Concordia, il Ratto di Ganimede e Minerva ed Ercole. Ma il vero capolavoro del castello si trova in quella che oggi è la sala del Consiglio Comunale adibita nel 1700 a teatrino della rocca. Al centro del soffitto campeggia lo splendido affresco del fiorentino Sebastiano Galeotti raffigurante Apollo Giorno seduto sul serpente pitone mentre scaccia la Notte, eseguito verso il 1727.
Il piccolo paese di Sissa è universalmente noto per aver dato i natali il 14 luglio 1803 al grande pittore Francesco Scaramuzza, autore di celeberrime opere come l’Assunzione della Vergine nel duomo di Cortemaggiore (che ispirò Giuseppe Verdi nella composizione della Forza del Destino per il pezzo “La Vergine degli Angeli”) il Baliatico e la Rosa Mistica; fu inoltre celebre per aver illustrato con 243 immagini la Divina Commedia di Dante. Francesco Scaramuzza morì a Parma il 20 ottobre 1886.

 

Colorno

Il paese fu la residenza estiva dei duchi di Parma e Piacenza, i quali costruirono una imponente e scenografica Reggia ancor oggi considerata il palazzo architettonicamente più pregevole del 1700 parmense.
Il paese presenta, però, un altro motivo di notevole interesse:

Il Duomo di Santa Margherita
L’attuale edificio, costruito in stile Gotico Internazionale, venne consacrato nel 1525. Il grandioso interno in stile neoclassico venne rifatto dall’architetto Giuseppe Tebaldi, il quale, fra il 1834 ed il 1836, aggiunse gran parte delle cappelle laterali. Da non tralasciare all’interno in controfacciata il monumento a Pietro Luigi Belloni, scolpito in stile neoclassico da Tommaso Bandini (il più celebre allievo di Lorenzo Bartolini, già esecutore a Parma di importanti opere collocate nella chiesa della Steccata per la duchessa Maria Luigia nel 1842. Splendida, per l’alta qualità scultorea, è la figura della giovinetta con il libro aperto posta alla sommità del monumento. Non da meno è la pregevole pala d’altare raffigurante il Martirio di santa Margherita eseguito da Francesco Cairo, pittore varesino nato nel 1607, famoso per gli umori patetici, languidi e morbosi che riusciva ad infondere ai suoi soggetti sacri; celebri i suoi cicli sulle visioni e le estasi di San Francesco. In questo quadro di Colorno affiorano evidenti gli influssi sulla sua pittura di due grandi artisti lombardi, il Morazzone e in particolare Daniele Crespi. Nel transetto destro si trova la meravigliosa cappella del Santissimo Sacramento costruita nel 1660 su progetto dell’architetto Giambattista Magnani. Gli stucchi di finissima fattura furono eseguiti da Domenico e Leonardo Reti (autori a Parma degli stucchi di San Vitale e dell’oratorio dei Rossi) e raffigurano angeli recanti simboli della passione ed i quattro evangelisti. L’altare è la copia più semplice dell’altare maggiore della chiesa di san Liborio eseguito dal marmorino Domenico della Meschina. Sull’altare la preziosa pala di Giovanni Venanzio da Pesaro del 1668 raffigurante l’ultima cena.

 

Castione Marchesi

Abbazia di Santa Maria Assunta
A pochi chilometri da Fidenza sulla strada che conduce a Busseto sorge in aperta campagna l’importante abbazia di santa Maria Assunta. La chiesa benedettina venne fondata nel 1033 da Adalberto Pallavicino e dalla sua consorte Adelaide sull’unica collina (o meglio rialzo naturale del terreno) disponibile al di sopra dell’acquitrino circostante. Presumibilmente le fondamenta furono costruite su una basilica più antica di origine paleocristiana. Ben presto (nel 1200-1300) divenne un insediamento benedettino fortificato con tanto di abbazia e castello Pallavicino fortificato; successivamente, nel 1800, fu trasformato in fattoria. Di gran fascino l’accesso in salita verso il sagrato della chiesa che attraversa un antico rivellino con tanto di impronte per i bolzoni per il ponte levatoio. La chiesa attuale venne in gran parte ricostruita alla metà del 1200 con i tipici caratteri architettonici cistercensi. L’interno, molto simile a quello dell’abbazia di Fontevivo, è scandito da robusti pilastri a fascio con pregevoli capitelli scolpiti con figure umane e mostruose di stile post antelamico.
Sul finire del 1500 vennero sopraelevati, con discutibili risultati, il presbiterio e l’abside distruggendo l’originaria purezza architettonica dell’edificio.
La pala d’altare maggiore fu eseguita dal pittore napoletano Fabrizio Santafede sul finire del 1500 e rappresenta l’Assunzione della Vergine inserita in una straordinaria cornice intagliata datata intorno la metà del 1800. Il quadro giunse a Castione perché il monastero era retto all’epoca (dal 1481) dall’ordine degli Olivetani che aveva la sua sede a Napoli; ma la cosa più preziosa della chiesa risulta essere il rarissimo pavimento a mosaico (risalente alla metà dell’anno 1000) in tessere bianche, nere e rosse ubicato presso sagrestia. Da segnalare sul finire della navatella sinistra la superba ancona lignea del rosario eseguita da Vincenzo Biazzi verso il 1710. Uscendo dalla chiesa a destra si raggiunge il chiostro dell’abbazia (in origine a pianta quadrata oggi purtroppo distrutto su due lati) piuttosto intatto con capitelli a palma del 1400 nel lato addossato alla chiesa; l’edificio, bisognoso di restauri nel lato ovest, presenta ancora gli antiestetici tamponamenti settecenteschi degli archi.